L’Osservatorio sulla diffusione del risk management nelle medie imprese italiane 2018, indagine condotta da Cineas (Consorzio universitario per l’ingegneria nelle assicurazioni) con l’Ufficio Studi di Mediobanca su 308 imprese con un fatturato medio di 58,2 milioni di euro, evidenzia una crescita nella cultura della gestione del rischio da parte delle imprese italiane.
Le aziende che gestiscono i rischi nella modalità più evoluta sono infatti passate dal 17,2% del 2016 al 37,5% nel 2018. Inoltre, la percentuale di aziende sprovviste di un sistema di gestione dei rischi è passata da quasi il 20% a circa il 6%. Esiste tuttavia ancora una larga fetta, oltre il 60% delle imprese italiane, che invece non ha ancora messo in campo una propria strategia complessiva di gestione dei rischi, nonostante sia ormai assodata la correlazione positiva con le performance economiche.
L’indagine di Cineas evidenza oltre un terzo di ritorni in più (+34% di ROI e +39% di ROE) per le aziende attente ai rischi. È difficile stabilire quale sia la causa e quale la conseguenza. Di certo, la prevenzione e la gestione integrata consentono di ridurre le perdite che inevitabilmente si verificano quando si manifesta una criticità.
A livello geografico le aziende più virtuose si trovano nel nord est d’Italia, seguite dal nord ovest e dal centro, mentre emerge un significativo ritardo delle aree meridionali. Un’impresa del Mezzogiorno su tre non dispone di un adeguato presidio del rischio, contro la media nazionale di una su cinque imprese. I settori più virtuosi sono il chimico-farmaceutico e l’alimentare.
Risk management: quali sono i rischi più temuti dalle imprese?
Se la sicurezza sul lavoro è il rischio più temuto da tutte le imprese, ce ne sono poi altri che sono relativi ai diversi settori di competenza.
L’imitazione del prodotto è più percepita nei settori B2C (alimentare e BP&C), dove contano la riconoscibilità del prodotto e la brand awareness.
La difettosità è rilevante nelle produzioni che impattano sulla salute umana (settore alimentare e farmaceutico) o nei beni intermedi input di altri processi produttivi (rapporti B2B della meccanica e del chimico-farmaceutico). Le caratteristiche delle lavorazioni determinano il rischio ambientale (chimico e metallurgia). Sono invece trasversali le preoccupazioni legate al cyber risk che interessa sia produzioni high tech (meccanica) che low tech, e alla compliance normativa, a causa della complessità e mutevolezza delle leggi.
Vi sono alcuni rischi che le imprese percepiscono come non assicurabili, tra i quali ad esempio il rischio di danno ambientale (rispetto al quale sono assicurate il 58% delle imprese). Il ricorso all’assicurazione coinvolge meno di un terzo degli intervistati per i seguenti rischi: business continuity e supply chain (solo il 32% delle imprese è assicurato), cyber risk (23%), tutela delle competenze professionali e rischio reputazionale (entrambi 19%) e imitazione del prodotto (13%).
La causa del basso ricorso all’assicurazione è duplice: da una parte la mancata conoscenza dell’offerta assicurativa, dall’altra la percezione che l’evento dannoso abbia una bassa probabilità di verificarsi. Il costo delle polizze non sembra invece rappresentare il motivo principale della rinuncia (solo 25% dei casi).
L’analisi di Cineas evidenzia come ci sia una propensione sempre maggiore delle imprese a gestire il rischio, mettendo in campo modifiche alla governance e acquisendo strumenti di tutela. C’è però ancora molto da fare, per arrivare ad una copertura più omogenea su tutto il territorio nazionale e per affrontare al meglio tutti i rischi che possono compromettere il lavoro di un’azienda.
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