Negli ultimi anni le Pmi, che rappresentano il cuore del tessuto economico italiano, hanno riportato segnali di ripresa che hanno visto una forte accelerazione nel 2017, proseguita anche per la prima metà del 2018. Come evidenzia il rapporto Cerved 2018, le Pmi hanno recuperato livelli di redditività elevati e hanno continuato a rafforzare gli indici che sintetizzano la sostenibilità dei loro debiti finanziari, che oggi risultano ben più equilibrati rispetto ai livelli di un decennio fa.
Se la fase più acuta della crisi, in passato, aveva decimato il sistema italiano di piccole e medie imprese, a partire dal 2015 il saldo tra aperture e chiusure è tornato positivo, e questo trend si è confermato nel 2017 (anno di riferimento del rapporto Cerved) con una crescita di oltre 3 mila Pmi (+2,9% rispetto al 2016), che porta il numero totale a quota 152 mila, oltre i livelli del 2007 (149 mila).
Tuttavia, la seconda parte del 2018 ha registrato un rallentamento dell’economia globale ed hanno portato a rivedere al ribasso le previsioni di crescita del Pil nei principali Paesi europei. Si tratta di una situazione temporanea o di una nuova fase negativa per l’economia?
Il 2019 sarà un anno decisivo per capire se il rallentamento registrato nel 2018 sia strutturale, e quindi sia necessario prepararsi ad una nuova fase critica, o se viceversa l’economia riprenderà slancio. Per quanto riguarda le Pmi, ci sono sicuramente alcuni “fatti chiave” da monitorare.
La fine del Quantitative Easing
Uno degli elementi da tenere in considerazione è la fine del Quantitative Easing (QE), ovvero il meccanismo con cui la Banca Centrale Europea acquista titoli di Stato dalle banche ed immette nuovo denaro nell’economia europea, incentivando i prestiti bancari verso le imprese e orientando la crescita dell’inflazione.
Lo stop di questo processo, già ridimensionato gradualmente negli ultimi mesi, potrebbe accrescere le difficoltà di accesso al credito da parte delle Pmi, mettendo a dura prova la loro capacità di fare investimenti. Inoltre, poiché l’Italia dovrà confrontarsi autonomamente con gli investitori internazionali nelle aste di collocamento dei titoli di stato, e poiché questi ultimi potrebbero avere dubbi sulla capacità del Paese di ripagare i debiti visto l’alto debito pubblico, si potrebbe registrare un aumento dei tassi di interesse. Questo significa un aumento del costo del denaro anche per le aziende che richiedono prestiti per la crescita.
Brexit
C’è poi l’incognita Brexit, ovvero l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. L’effetto più immediato e temuto per le Pmi è quello relativo alle esportazioni. Secondo un’analisi della Cgia di Mestre, infatti, l’export verso la Gran Bretagna vale circa 22 miliardi di euro, pari a 5,4% del totale, mentre le importazioni sono a quota 10,5 miliardi. I settori più penalizzati sarebbero, nell’ordine: autoveicoli, abbigliamento, forni e bruciatori, medicinali e preparati farmaceutici, motori e turbine, bevande, mobili, componenti e accessori per autoveicoli e motori, macchine industriali, calzature.
Lo scenario italiano
Non da ultimo, c’è l’evoluzione dello scenario macroeconomico italiano, condizionato dalla sfiducia dei mercati nei confronti della tenuta dei conti pubblici italiani e da una politica economica che punta su deficit di bilancio per rilanciare l’economia. I timori dei mercati hanno prodotto negli ultimi mesi un deciso aumento dello spread tra i BTP italiani e i Bund tedeschi, che porta, nel medio e lungo periodo, un aumento del costo del denaro per chi deve accedere a finanziamenti per investimenti, generando pesanti conseguenze sulle PMI, sia in termini di redditività che di rischio.
Alla luce di tutto ciò, è difficile prevedere come sarà il 2019 per le Pmi e che impatto avranno i “fatti chiave” del nuovo anno. Le aziende possono comunque pianificare la strategia più in linea con le loro esigenze per affrontare gli scenari che si prospettano, migliorare o consolidare i risultati raggiunti e cogliere nuove opportunità. Per farlo, può essere utile rivolgersi ad un professionista, che, attraverso un’analisi qualificata, potrà aiutare l’impresa a trovare le soluzioni più idonee e mettere a disposizione strumenti innovativi e solidi per aumentare il suo vantaggio competitivo.