In Italia l’accesso al credito è tradizionalmente legato all’erogazione di prestiti e mutui da parte del sistema bancario, mentre è più raro che le imprese cerchino credito sul mercato, con strumenti finanziari. Questa tendenza è legata soprattutto alla dimensione delle imprese: il 98% del tessuto produttivo italiano è infatti costituito da piccole e medie aziende, spesso a conduzione famigliare, non strutturate per accedere ai mercati finanziari.
Negli anni della crisi economico-finanziaria, gli istituti di credito hanno però ridotto l’erogazione di credito, introducendo condizioni e criteri molto stringenti per l’accesso al credito, e questo ha creato non pochi problemi in termini di finanziamento per le imprese, che si sono trovate senza le risorse necessarie per fare investimenti.
Uno studio di Confidi di Fedart Fidi presentato a novembre del 2018 evidenzia che, dal 2010, nonostante le PMI diano lavoro al 60% degli occupati italiani e producano più del 40% del valore aggiunto nazionale, ottengono solo il 20% del credito.
In questo contesto, si inseriscono i PIR, Piani Individuali di Risparmio, istituiti nel 2017 per creare un ponte tra finanza ed economia reale e raggiungere un doppio obiettivo: creare una nuova fonte di credito per le imprese e offrire strumenti di gestione del risparmio per le famiglie.
I PIR nel dettaglio: vincoli e incentivi fiscali
I PIR sono piani di investimento a medio-lungo termine, destinati a persone fisiche, che possono investire in fondi, gestioni patrimoniali, contratti di assicurazione o depositi titoli fino ad un massimo di 150.000 euro complessivi (non oltre 30.000 euro all’anno). Se l’investimento viene mantenuto per almeno 5 anni, è possibile beneficiare di importanti incentivi fiscali, ovvero l’esenzione dalle imposte sui rendimenti e dalle tasse di successione, a patto che siano rispettati alcuni criteri.
Oltre all’importo e alla durata dell’investimento, è richiesto che il PIR sia costruito rispettando:
- vincolo di diversificazione: il 70% di quanto investito deve essere destinato a strumenti finanziari emessi da imprese italiane o europee, purché abbiano una stabile organizzazione in Italia. Il restante 30% può essere destinato ad altri strumenti finanziari, anche ai conti correnti o ai conti deposito. Del 70%, il 30% (pari al 21% del totale) deve essere investito in strumenti emessi da imprese diverse rispetto a quelle incluse nel FTSE Mib, ovvero PMI quotate nei segmenti MidCap, Star, AIM Italia;
- vincolo di concentrazione: obbligo di non investire una quota superiore al 10% del valore del PIR in strumenti finanziari di uno stesso emittente.
Attraverso i PIR, dunque, il legislatore vuole far confluire i risparmi privati verso le imprese, in particolare le società a piccola e media capitalizzazione che vogliono, attraverso la quotazione in borsa, ricevere finanziamenti ed aumentare la propria visibilità e credibilità nei mercati locali e internazionali.
Per le PMI si tratta quindi di un nuovo canale di finanziamento alternativo al credito bancario. Inoltre, grazie al vincolo della detenzione dei 5 anni, si mette a disposizione una linea di liquidità stabile in mano alle aziende per poter realizzare i progetti di sviluppo.
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