I dati elaborati dalla CGIA di Mestre mostrano che l’Italia è al primo posto in Europa per numero di imprese sotto i 250 dipendenti (sono più di 3,7 milioni), e le nostre Piccole e Medie Imprese si confermano eccellenza in Europa. Il ruolo delle nostre micro aziende, infatti, ci vede primeggiare, soprattutto quando ci confrontiamo con paesi nostri omologhi come, ad esempio, la Germania.
Fatturato, valore aggiunto, occupazione: le PMI ai raggi X
Per valore assoluto del fatturato totale delle imprese, con 2.855 miliardi di euro all’anno (2016) siamo al 4° posto in UE dietro a Germania (6.195 miliardi), Regno Unito (3.976 miliardi ) e Francia (3.696 miliardi). Per fatturato delle PMI, 1.944 miliardi, siamo al terzo posto, ma se si analizza l’incidenza prodotta sul totale fatturato (il 68%), l’Italia è al vertice, staccando nettamente anche la Geramia, dove le PMI rappesentano il 48% del fatturato totale.
Sulla stessa lunghezza d’onda è risultato che emerge dalla lettura dei dati riferiti al valore aggiunto. Con 472 milioni prodotti dalle PMI, pari al 67,3% del totale, le PMI italiane non hanno rivali tra i principali Paesi UE.
Per quanto riguarda il dato occupazionale, a fronte di 14,5 milioni di occupati presenti in Italia (dato al netto dei lavoratori del pubblico impiego e di alcuni comparti economici rilevanti), lavorano presso le PMI 11,4 milioni, di cui 6,5 nelle micro imprese. L’incidenza sul totale degli occupati, rispettivamente del 78% e del 44,8%, sbaraglia qualsiasi altro grande paese d’Europa.
Rilanciare l’economia partendo dalle PMI
Alla luce di questi dati, appare evidente il ruolo chiave delle PMI nell’economia italiana. Per questo, l’Ufficio studi della CGIA indica alcuni interventi che la politica dovrebbe attuare per rilanciare le nostre PMI e, conseguentemente, il Paese.
Sarebbe auspicabile, in primis, uno choc fiscale che riduca, in 3 anni, la pressione fiscale di almeno 5 punti percentuali. L’associazione indica alcuni strumenti per farlo: eliminazione dell’Irap per le micro e piccole imprese, abolizione dello split payment, riduzione progressiva degli acconti Irpef, Ires, Irap e Inps. Altresì, è importante ridimensionare il peso della burocrazia fiscale che sta penalizzando soprattutto le piccolissime attività.
Altro punto fondamentale è favorire l’accesso al credito, visto che, dal 2011 ad oggi, gli impieghi vivi alle imprese sono diminuiti del 26%. Inoltre, è necessario attivare strumenti di finanziamento alternativi al credito bancario e prevedere la possibilità di compensare i crediti verso la Pubblica amministrazione (certi, liquidi ed esigibili) con tutti i debiti fiscali.
Servono, poi, incentivi agli investimenti che, rispetto al 2007 (anno pre-crisi), in Italia sono crollati di quasi 20 punti percentuali. Per consentire anche alle piccole imprese di crescere e creare lavoro, è necessario che lo Stato centrale torni ad investire in infrastrutture materiali ed immateriali.
Necessaria anche la formazione, partendo dal rilancio dell’istruzione in un’ottica di filiera che metta a regime il sistema duale (alternanza scuola/lavoro e apprendistato), sostenendo economicamente gli istituti tecnici e professionali di “frontiera”.
Non da ultimo, per sostenere le PMI occorre puntare sul 4.0. Gli effetti dell’iniziativa impresa 4.0 hanno interessato quasi esclusivamente le imprese di media e grande dimensione, ma diventa indispensabile pensare anche alle micro imprese e a quelle artigiane che intraprendono il percorso di trasformazione digitale con il medesimo interesse comunicativo, le stesse corsie preferenziali burocratiche e le medesime risorse speciali attribuite alle start-up e PMI tecnologiche.
A1 Corporate 4.0 lavora da tempo ad ampio raggio sui punti indicati dalla CGIA per favorire la crescita e lo sviluppo delle PMI: scopri cosa possiamo fare per te!