Servirà uno sforzo ulteriore per raggiungere l’obiettivo fissato dall’Europa per il 2030, ovvero il raggiungimento di un mix energetico tale da coprire con fonti rinnovabili il 30% dell’energia necessaria al funzionamento delle imprese.
Si tratta di un obiettivo ben più ambizioso rispetto al 17% fissato per il 2020, quota che l’Italia – unico tra i grandi Paesi dell’Unione Europea – ha raggiunto già nel 2016.
Utilizzare fonti rinnovabili per produrre energia, non solo è un passo necessario per ridurre l’impatto ambientale sul clima, ma può essere anche un’opportunità importante di affrancarsi dalla cronica dipendenza del nostro Paese da fonti energetiche estere.
Fonti alternative: l’opportunità per le PMI
Da sempre, l’approvvigionamento dell’energia rappresenta un fattore di svantaggio per il sistema produttivo italiano. In assenza di risorse naturali, come ricordato da un recente studio di CNA, l’Italia importa il 77,5% dei prodotti energetici necessari per soddisfare i propri consumi lordi interni. Si tratta di un valore che pone il nostro Paese al quarto posto tra i paesi UE 27, superata solo da paesi molto piccoli quali Malta, Cipro e Lussemburgo, e che risulta decisamente al di sopra rispetto alla media europea (53,6%).
Incrementare il mix di fonti con l’uso delle rinnovabili può dunque essere una via per ridurre la quota di energia importata, abbattendo anche i costi per il sistema produttivo, fatto per lo più di piccole e medie imprese.
Per ottemperare agli obiettivi stabiliti dalla Strategia Europa 2020, negli ultimi anni l’Italia ha già accresciuto molto la quota di energia derivante da fonti rinnovabili, raggiungendo una copertura dei consumi del 18,3%, superiore a quelle di Spagna (17,5%), Francia (16,3%) e Germania (15,5%).
Se consideriamo il periodo 2004-2017, la quota di consumi energetici soddisfatti tramite fonti rinnovabili è aumentata di 9,1 punti percentuali, contro una media europea di 7,5 punti percentuali.
Autoproduzione e sistemi di accumulo: la parola chiave per il 2030
In base al Piano Nazionale Integrato per l’Energia ed il Clima 2030 (PNIEC), nei prossimi 11 anni l’Italia dovrà coprire il 30% del fabbisogno energetico nazionale con le fonti energetiche rinnovabili, secondo una costante progressione di crescita che prevede l’incremento della produzione di un punto percentuale all’anno (tra i 4 e i 5 MW di potenza) a partire dal 2021.
Questo obiettivo va incrociato con un’altra deadline importante, ovvero la decarbonizzazione prevista per il 2025, quando tutte le centrali a carbone dovranno essere spente.
La strategia per traghettare il Paese verso questi obiettivi si basa essenzialmente su una decentralizzazione delle fonti energetiche, con un incremento di autoproduzione e di sistemi di accumulo (dove “accantonare” energia) attraverso la costituzione di comunità energetiche. Si andrebbe così a superare la logica dei grandi parchi “a terra” che non possono rappresentare da soli la via per la decarbonizzazione.
Queste misure possono valorizzare il ruolo potenziale delle PMI nel processo di transizione energetica, assecondando tendenze già in corso e sfruttando le caratteristiche tipiche delle piccole imprese: numerosità e forte radicamento sul territorio.
Secondo la stima di CNA, già un terzo delle imprese hanno fatto ricorso all’autoproduzione di energia, per abbattere i costi della bolletta. Molte di più sono quelle interessate e che attendono indicazioni su tecnologie e finanziamenti per poter proficuamente investire in impianti di autoproduzione dell’energia con fonti rinnovabili.
La strada è ormai tracciata e si attende il decreto sulle rinnovabili che il governo ha annunciato a più riprese.
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