In uno scenario internazionale segnato dalla contrazione degli interscambi commerciali, che nel 2019 si attesteranno attorno al 3,4% contro il 3,8% del 2018 ed il 5,4% del 2017, l’Italia festeggia un trend positivo sul fronte export, cresciuto del 16% in dieci anni.
Il nuovo rapporto 2018-2019 dell’Ice, agenzia attraverso cui il Governo favorisce il consolidamento e lo sviluppo economico-commerciale delle nostre imprese sui mercati esteri, attesta che le esportazioni italiane sono “cresciute ulteriormente a dimostrazione dell’eccellenza dell’offerta del made in Italy e a conferma che l’export rimane un settore trainante dell’economia italiana”.
Nel complesso le esportazioni valgono il 32% del PIL e contribuiscono a mantenere in positivo il saldo della bilancia commerciale, che nel 2018 si è attestato a 44 miliardi di euro.
Nei primi mesi del 2019 la crescita dell’export italiano sull’analogo periodo dell’anno precedente è stimata del 4%.
PMI, export in crescita, ma si può fare di più tramite il canale digitale
La forte presenza di PMI, come componente principale del tessuto imprenditoriale italiano (il 99% delle azienda ha meno di 250 dipendenti), fa sì che, rispetto agli altri principali paesi dell’Eurozona, la distribuzione delle esportazioni in Italia sia fortemente orientata verso le imprese di piccola e media dimensione.
Le PMI italiane, infatti, sono responsabili di circa il 54,4% delle esportazioni totali manifatturiere del nostro Paese, contro una media europea del 45%.
Se consideriamo solo le piccole imprese (fino a 49 dipendenti), che rappresentano il 95% delle attività produttive, sono 33.800 quelle che esportano, contro le 24.400 degli Stati Uniti e le 23.500 della Germania: numeri che fanno dell’Italia il Paese con la maggiore intensità di export manifatturiero generato da questa categoria.
Per valore dell’export, le PMI manifatturiere sono al quarto posto in Europa, con primati in alcuni settori (tessile, abbigliamento, calzature, mobile).
Secondo quanto riportato sempre nel rapporto Ice, poi, il nostro Paese vince il confronto anche sul volume di export manifatturiero generato dalle piccole imprese: 55,7 miliardi di dollari contro i 17,1 miliardi di dollari degli Stati Uniti e i 28,2 miliardi della Germania.
Ottima anche la prestazione delle 7400 medie imprese manifatturiere (da 50 a 249 addetti), che riescono a generare un export del valore di 115 miliardi di dollari contro i 112 miliardi delle medie imprese statunitensi e i 58 miliardi delle medie imprese tedesche.
Export digitale: un potenziale ancora inespresso
Nell’export digitale non si ritrovano le stesse ottime performance delle PMI italiane.
Nel 2018, infatti, il peso dell’e-commerce nelle esportazioni business to consumer ammontava appena al 7%, per un valore totale di circa 10,3 miliardi di euro, di cui il 65% generato dal settore della moda, il 12% dal settore alimentare e il 9% dal settore del mobile e del design.
La scarsa tendenza all’utilizzo dei canali online per favorire le esportazioni sembra essere confermata da una recente survey condotta dall’Osservatorio Export Digitale del Politecnico di Milano, secondo cui solo il 23% delle 100 imprese intervistate usa i canali digitali per esportare volumi simili o superiori a quelli offline.
I motivi? Disponibilità limitata nel capitale umano con competenze digitali e assenza di una strategia di vendita strutturata.
Il futuro dell’export? È la digitalizzazione
Alla luce della fotografia analizzata e dei principali driver di sviluppo a livello globale, una delle sfide individuate dall’Ice è dunque proprio quella di sostenere lo sviluppo della digitalizzazione nelle PMI.
In un contesto del commercio mondiale maggiormente incerto negli scenari e in rapida evoluzione nei fattori competitivi, per l’Ice la digitalizzazione è uno dei paradigmi fondamentali per garantire competitività, valore aggiunto della produzione, innovazione e, in definitiva, sostenere l’eccellenza del Made in Italy.
Una delle linee di intervento sarà lo sviluppo di soluzioni per la tracciabilità dei prodotti, come ad esempio la blockchain, per assicurare il duplice obiettivo di tutela del made in Italy e di differenziazione dell’offerta italiana di prodotti sostenibili. A questo proposito, è proprio dei giorni scorsi l’annuncio, da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, di uno studio che sarà condotto in Italia dal Centre for Entrepreneurship, SMEs, Regions and Cities dell’OCSE sullo sviluppo dell’ecosistema blockchain italiano. Lo studio, finanziato dal MiSE, si focalizzerà sulle implicazioni di questa tecnologia emergente su startup e piccole e medie imprese italiane.
Altrettanto importante sarà il capitolo formazione, per rendere le competenze sempre più 4.0. In particolare, l’Ice intende implementare sempre di più iniziative di formazione per export manager.
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