Per storia e tradizione, in Italia le PMI sono per la maggior parte a conduzione famigliare. L’ultimo rapporto Cerved ha evidenziato che rientrano in questa categoria il 60% di Piccole e Medie Imprese con in media un 35% gestite interamente dalle famiglie.
La governance familiare funziona? Non c’è una risposta univoca per tutti. Ci sono casi di successo tra aziende in cui la gestione viene tramandata di padre in figlio, così come ci sono storie di passaggi generazionali turbolenti e non andati a buon fine.
Tuttavia è vero che in una gestione unicamente affidata ai membri della famiglia si possono innescare situazioni di conflittualità non necessariamente per temi legati all’impresa. Inoltre, è possibile che si perdano delle opportunità che un manager con esperienza maturata al di fuori del contesto aziendale potrebbe invece cogliere.
Perché le PMI faticano a dotarsi di Manager esterni?
Sono diversi i fattori che portano le PMI a consolidare modelli di governance familiare.
Ci sono ragioni soggettive, che portano i proprietari a non voler lasciare ad estranei la possibilità di prendere decisioni importanti per l’azienda di famiglia.
C’è poi la difficoltà a trovare la persona giusta. Secondo uno studio di Confindustria, l’87% degli imprenditori si lamenta delle difficoltà a reperire manager ed il 44% si lamenta della carenza di soft skills, ovvero capacità di leadership e di motivazione, conoscenza delle lingue, orientamento all’innovazione e al cambiamento, capacità di adattarsi a scenari in continua evoluzione.
Il peso maggiore, tuttavia, nella scelta di non dotarsi di un manager esterno è però legato alla questione economica. Le PMI possono infatti offrire una redditività meno competitiva rispetto a quella di grandi aziende strutturate e rinunciano ad intraprendere un cambiamento di governance che potrebbe invece portare benefici per la crescita aziendale.
Troppo piccole per un manager? Le soluzioni possibili
Rispetto a qualche anno fa, si stanno ormai consolidando delle formule di contrattualizzazione meno rigide del classico inserimento in azienda con contratti a tempo indeterminato, troppo rigidi quando si parla di management.
Se una PMI vuole dotarsi di un Manager, può optare per soluzioni più flessibili, come il temporary management che consente di inserire in azienda una risorsa senior – in termini di esperienza e professionalità – per progetti a breve o media scadenza, che possono andare dai 9 mesi ai 3 anni (ad esempio per la ristrutturazione e rilancio).
Il rapporto contrattuale può essere diretto tra l’azienda e il temporary manager indipendente oppure avvenire attraverso una società specializzata di temporary management.
Un’alternativa è il Fractional Management, con cui il manager non è dedicato ad una sola azienda ma lavora con più piccole aziende non in competizione tra di loro. Temporary e Fractional Management si possono intersecare. Ad esempio, il secondo può essere utilizzato sia in una fase diagnostica preliminare ad un progetto temporary vero e proprio, sia al termine di un progetto temporary per l’implementazione graduale di quanto elaborato da un temporary manager durante l’intervento.
Non da ultimo, c’è sempre la possibilità di una consulenza.
Rispetto al Manager – sia temporary che fractional – il consulente accompagna la governance nell’individuare le strategie per ottimizzare processi e prodotti, ma non assume direttamente le decisioni intervenendo direttamente nelle strutture organizzative.
Ci sono diverse alternative, dunque, per aiutare la crescita delle PMI con figure esterne alla cerchia famigliare: a ciascuno resta la possibilità di scegliere quella più in linea con la propria storia e le proprie esigenze.
Vuoi sapere cosa A1 Corporate 4.0 può fare per te? Non esitare a contattare il tuo Corporate Advisor.