Quasi 88.000 posti di lavoro in meno, 4,3 miliardi di mancato gettito fiscale, 6 miliardi di mancati pagamenti di diritti di proprietà intellettuale ai legittimi titolari.
Sono alcuni numeri del costo della contraffazione per l’Italia, calcolati nella relazione 2019 “Tendenze del commercio di merci contraffatte e usurpative” dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (Euipo). Il nostro Paese, con il 15% del valore complessivo delle merci sequestrate, è il terzo colpito dalla contraffazione, dopo gli Stati Uniti (24%) e la Francia (16,6%).
L’analisi di 11 settori merceologici chiave, che vanno dai cosmetici al vino, ha permesso di stimare che il 10% del valore del volume delle vendite in Italia va a finire nelle tasche dei falsari, che beneficiano della percezione positiva di cui il Made in Italy gode tra i consumatori. Si tratta di un dato nettamente superiore alla media europea che si attesta al 7,4%.
Una lotta impari, che ora però può contare su una nuova “arma” a vantaggio di chi opera correttamente, ovvero la blockchain, su cui Ministero dello Sviluppo ed imprese hanno iniziato ad investire.
Cos’è la “catena della fiducia”
Inizialmente associata al mondo delle criptovalute la tecnologia blockchain ha tutte le potenzialità per essere applicata in modo da garantire la massima tracciabilità dei prodotti.
A livello tecnico, la blockchain è un protocollo di comunicazione, che identifica una tecnologia basata sulla logica del database distribuito.
Si forma così una serie di blocchi che archiviano un insieme di transazioni validate e correlate da un Marcatore Temporale (Timestamp). Ogni blocco include una funzione algoritmica informatica non invertibile (hash) che identifica il blocco in modo univoco e che permette il collegamento con il blocco precedente tramite identificazione del blocco precedente.
Tutti i dati non sono memorizzati su un solo computer ma su più macchine collegate tra loro, chiamate nodi. La blockchain è infatti organizzata in modo da aggiornarsi automaticamente su ciascuno dei client che partecipano al network. Ogni operazione effettuata deve essere confermata automaticamente da tutti i singoli nodi attraverso software di crittografia, che verificano un pacchetto di dati definiti a chiave privata o seme, che viene utilizzato per firmare le transazioni, garantendo l’identità digitale di chi le ha autorizzate.
Si possono individuare diverse caratteristiche della blockchain, che ne rappresentano il valore aggiunto.
La blockchain è affidabile rispetto ad attacchi di malintenzionati. Se infatti soltanto uno dei nodi della catena subisce un attacco e si danneggia, tutti gli altri nodi del database distribuito continueranno comunque a essere attivi e operativi, saldando la catena e non perdendo in questo modo informazioni importanti.
Le transazioni effettuate attraverso la blockchain sono visibili a tutti i partecipanti, garantendo così trasparenza nelle operazioni.
Inoltre le informazioni già inserite nella blockchain non possono essere assolutamente modificate. In questo modo le informazioni contenute nella blockchain sono tutte più solide e attendibili, proprio per il fatto che non si possono alterare e quindi restano così come sono state inserite la prima volta.
Come la blockchain può tutelare il Made in Italy?
Proprio dalle tre caratteristiche elencate, deriva l’appetibilità dell’applicazione della blockchain anche al mondo produttivo.
A difesa dell’autenticità del “Made in Italy” nasce il progetto Blockchain del Ministero dello sviluppo economico, con il coinvolgimento di Smi e Ibm, che introduce nel processo produttivo criteri di sicurezza e di trasparenza e aderisce a codici etici condivisi da molti player.
Il progetto, che mira alla difesa dell’eccellenza dei nostri prodotti sui mercati internazionali, è focalizzato su tutta la filiera del tessile (dalla torcitura del filo fino al prodotto finito) e ci si augura che in futuro possa costituire un modello di base per tutti i settori del Made in Italy.
L’iniziativa è rivoluzionaria perché sfrutta per la prima volta in questo ambito il metodo della blockchain (un registro elettronico aperto al pubblico nel quale vengono archiviate in modo verificabile le transazioni che avvengono tra due utenti) per gestire tutte le informazioni sulla produzione di un capo di abbigliamento, a partire dalla filatura fino alla confezione, in modo da dare la possibilità al consumatore di conoscere la provenienza di tutti i passaggi produttivi.
Il consumatore può trovare le informazioni attraverso il cartellino che diventa veicolo di informazioni e trasparenza: “etichetta parlante”. L’etichetta “Smart” attraverso le nuove tecnologie (RFID, QRcode, tag NFC) dialoga con tutti i device (smartphone, tablet, ipad e altro) e consente di trasferire molte informazioni sul prodotto, descrivendo tutti i passaggi attraverso le filiere e i processi a cui è stato sottoposto. Essa fornisce così tutti gli elementi informativi che consentono al consumatore di fare un acquisto più consapevole.
Riuscire a comprendere cosa c’è dietro un indumento, anche il più semplice, è davvero un’operazione ardua. Nel settore tessile, più che in ogni altro comparto, la filiera è infatti molto frammentata poiché è composta da un sistema a rete che coinvolge diverse imprese indipendenti, altamente specializzate, che operano in fasi diverse per la produzione dello stesso prodotto e spesso anche in più Paesi.
Le informazioni messe a disposizione del consumatore sull’etichetta sono ovviamente una scelta del marchio, a tutela e difesa della proprietà intellettuale per il design e contenenti notizie su tutti i processi produttivi ma anche sull’impatto ambientale e sociale dei prodotti.
Inoltre, il chip viene impiegato per confermare l’autenticità del prodotto permettendo così anche di facilitare il contrasto dei fenomeni di contraffazione. L’Etichetta parlante è semplice da usare, basta avvicinare il telefono con la funzione NFC (la tecnologia NFC consente una connettività wireless sicura tra due dispositivi, con relativo scambio di dati) all’etichetta e leggere ciò che appare sul display. In tal modo si garantisce al cliente finale la certezza di aver acquistato un prodotto autentico. L’etichetta infatti è dotata di un codice univoco che contraddistingue solo ed esclusivamente un oggetto, facente parte di un unico lotto produttivo.
Ci auguriamo che la “Smart labelling”, attualmente ancora poco utilizzata, si diffonda rapidamente senza inciampare, come tutte le cose italiane, nelle tante pieghe della burocrazia e degli interessi altrui e diventi realtà concreta e condivisa in tutta la zona Euro.
L’obiettivo è di esportare in Europa il modello italiano, di protezione delle filiere produttive attraverso l’utilizzo delle tecnologie che, grazie alla condivisione delle informazioni potrà ricostruire il rapporto di fiducia tra il consumatore e il produttore attraverso la condivisione delle informazioni.
Lo scorso anno, In Italia sono stati investiti 30 milioni di euro in progetti su Blockchain e Distributed Ledger. Lo rende noto l’Osservatorio dedicato della School of management del Politecnico di Milano. I 30 milioni di euro scommessi sul settore dalle imprese Made in Italy rappresentano una crescita del 100% rispetto al monte investimenti del 2018.
Il 40% della spesa si concentra nella finanza e nelle assicurazioni, ma – rivela lo studio – c’è fermento anche nella supply chain e per la tracciabilità dei prodotto, in particolare nell’agro-alimentare.
Secondo l’Osservatorio, in Italia le imprese sono ancora lontane da una piena consapevolezza delle opportunità della Blockchain: solo il 37% delle grandi aziende e il 20% delle PMI conoscono le possibili applicazioni, appena il 12% delle grandi e il 3% delle medio-piccole pensano che impatteranno sul proprio business nei prossimi cinque anni.