La necessità di ridurre i contatti sociali per contenere il contagio da coronavirus si sta traducendo in un banco di prova per lo smart-working.
Da tempo si parla della possibilità di adottare il lavoro agile, ma ora sta diventando una vera e propria necessità.
Lo stesso Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1°marzo è intervenuto per incentivare le imprese ad utilizzare lo smart-working, anche alla luce delle semplificazioni introdotte per attivarlo.
Cos’è lo smart working
La definizione di smart working è contenuta nella Legge n. 81/2017, che, all’articolo 18, spiega che “allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” si promuove “il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.
La norma pone l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto, come ad esempio pc portatili, tablet e smartphone.
Come definito dalla legge, il lavoro agile è quindi una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato che si caratterizza per l’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro.
Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento economico e normativo rispetto ai loro colleghi che operano con modalità ordinarie. È, quindi, prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali.
Le agevolazioni allo smart-working nell’emergenza Coronavirus
Per attivare forme di lavoro agile, è necessaria la sottoscrizione di accordi individuali tra le aziende ed i lavoratori.
Tali accordi vanno inviati all’apposita piattaforma informatica messa a disposizione sul portale dei servizi del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, a cui si accede tramite SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale).
Nell’invio dell’accordo individuale devono essere indicati i dati del datore di lavoro, del lavoratore, della tipologia di lavoro agile (tempo determinato o indeterminato) e della sua durata.
Per le aziende che sottoscrivono numerosi accordi individuali, si può effettuare un’unica comunicazione.
La procedura ordinaria per l’attivazione del lavoro flessibile sarebbe poco “smart” in una situazione emergenziale come quella attuale.
Per questo, il DPCM del 25 febbraio scorso ha previsto una semplificazione transitoria per consentire una temporanea riorganizzazione delle attività aziendali a distanza e ridurre al minimo la mobilità dei lavoratori senza compromettere la produttività.
In Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria fino al 15 marzo lo smart-working è così applicabile dalle imprese in via automatica a qualsivoglia rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza degli accordi individuali ordinariamente previsti.
Gli obblighi di informativa previsti dalla legge 21 del 2017 sono assolti in via telematica attraverso la documentazione disponibile sul sito dell’Inail, anche in deroga ai limiti percentuali stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva, dopo una comunicazione alle organizzazioni sindacali.
Se l’emergenza non rientrerà, è possibile che le agevolazioni per lo smart working saranno ulteriormente estese, concretizzando un’alternativa valida per quelle attività in cui non è necessaria la presenza del lavoratore in azienda.
Allo stesso modo, potrebbe accadere che, verificata la bontà del lavoro agile, questa modalità sarà utilizzata in modo sempre più diffuso anche dopo l’emergenza.
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