In un mondo sempre più interconnesso e digitalizzato, le competenze dei lavoratori sono considerate un asset strategico e possono addirittura diventare l’elemento distintivo di un’azienda, in grado di determinarne il successo a livello globale.
Non sempre, tuttavia, è facile trovare le competenze necessarie per un’attività lavorativa, a causa dello “skill mismatch”, ovvero il disallineamento tra le competenze richieste dalle aziende e quelle di cui sono in possesso i lavoratori. Si tratta di un problema che mette a rischio la produttività stessa delle attività. Le imprese, infatti, finiscono con l’assumere persone troppo o troppo poco qualificate, adottando soluzioni inefficienti che bloccano le persone e le aziende.
Skill mismatch, una “tassa occulta” da 5 mila miliardi
Secondo l’ultimo report di Boston Consulting Group “Fixing the Global Skill Mismatch”, il disallineamento delle competenze colpisce 1,3 miliardi di persone nel mondo e riduce la produttività del lavoro del 6%.
La conseguenza quantificata dal Boston Consulting è una “tassa occulta” globale da 5000 miliardi di dollari, pari al doppio del debito pubblico italiano.
In Italia il problema è molto sentito, tanto che la ricerca delle competenze adatte alla propria attività è una delle difficoltà che più preoccupa le imprese.
Rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europa, l’Italia è al penultimo posto per numero di laureati, ha il più alto tasso di disoccupazione giovanile ed è fanalino di coda per le competenze informatiche. Secondo lo studio “New Skills at Work”, condotto da JP Morgan e Bocconi, l’Italia è addirittura terza al mondo per il disallineamento tra le discipline di studio scelte dai giovani e le esigenze del mercato del lavoro.
Il ruolo della formazione
All’origine dello “skill mismatch” c’è soprattutto il gap tra la formazione scolastica e le esigenze delle imprese, che viaggiano a velocità decisamente diverse.
La stessa ricerca del Boston Consulting Group conferma che il problema del disallineamento delle competenze nasce da un sistema educativo e formativo forgiato sulle esigenze di una società industriale non più attuale, fatta di produzioni standardizzate. Basti pensare che, entro il 2022, il 27% dei lavoratori a livello globale si occuperà di lavori che ancora non esistono. Considerando che le competenze tecnologiche diventano osbolete in un periodo di 2-5 anni, è fondamentale ripensare la formazione in un’ottica di continuità e di personalizzazione.
Difficile pensare che l’intero sistema scolastico possa essere riorganizzato in questa direzione nei prossimi anni, anche se la nascita degli ITS (Istituti Tecnici Superiori) e l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro in tutti gli istituti superiori sono segnali di una possibile evoluzione in tale senso.
Proprio a fronte delle difficoltà delle imprese negli ultimi anni, sono nate realtà qualificate in grado di offrire risposte immediate in termini di competenze tecniche alle imprese e strutturare percorsi formativi continui. Grazie alle partnership attivate su questo fronte, A1 Corporate è in grado di strutturare percorsi ad hoc, tarati sulle specifiche esigenze delle imprese.