Nella primavera 2020, quando tutta Italia fu messa in lockdown per frenare il contagio da COVID-19, una delle conseguenze principali per le imprese fu la carenza di liquidità, che rischiava di mettere a dura prova la tenuta del sistema produttivo. Non a caso il Governo varò allora il decreto Liquidità, a cui poi sono succeduti ulteriori interventi, per garantire l’accesso al credito delle aziende e delle PMI.
Tra le misure emergenziali era stata introdotta anche la moratoria del pagamento dei crediti garantiti da enti pubblici come SACE o dallo Stato stesso. Dal 31 dicembre 2021, in particolare, questa misura è arrivata al capolinea. Di fatto, le aziende dovranno riprendere a pagare i prestiti, ma in una fase però molto delicata della ripresa economica questo potrebbe creare non poche difficoltà ad aziende e PMI.
Fine della moratoria: le imprese devono restituire 36 miliardi
Secondo i conti pubblicati da Il Corriere della Sera, le moratorie attive a favore di società non finanziarie riguardano prestiti per circa 36 miliardi, di cui una parte garantiti da Medio Credito Centrale (MCC), un’altra parte da SACE, mentre secondo alcune stime lo Stato avrebbe garantito circa 10 miliardi di euro.
I numeri dicono che, a fine novembre, la sospensione dei crediti rateali delle imprese risultava ancora attiva sul 7,4% dei contratti di credito, in diminuzione rispetto al 12,5% del luglio 2020 e al 24,1% dell’ottobre 2020.
Il trend in calo evidenzia che molte imprese hanno ripreso a versare le rate a moratoria ancora in corso, mentre resta una quota non banale di aziende e PMI che hanno beneficiato della misura fino alla fine.
In termini di valore, in media la rata sospesa supera i 2.600 euro. A livello geografico, la Regione che più sta utilizzando la moratoria è la Lombardia, dove l’8,3% dei contratti ancora beneficia della sospensione delle rate (il picco era stato del 30%). Seguono il Lazio, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto.
Fine moratoria: nuovo rischio liquidità per le imprese?
Ora che le aziende e le PMI devono riprendere a versare le rate dei crediti garantiti dal pubblico c’è chi teme che si possa tornare ad una nuova situazione di crisi per la liquidità.
Da una parte c’è chi, infatti, non ha del tutto la capacità di restituire i prestiti. Secondo l’ultima rilevazione di CRIF il 2,2% per le società di persone e il 2,6% per le società di capitali è a rischio default, perché non sarebbe in grado di rimborsare quanto ottenuto in prestito.
Dall’altra parte, anche per le imprese che riuscirebbero a restituire le rate ci si chiede se non sia auspicabile una proroga della moratoria, per sostenere la ripresa in una fase condizionata dalla recrudescenza dell’epidemia e dall’impennata dei prezzi dell’energia.
ABI, sindacati dei bancari come la FABI hanno chiesto la proroga della moratoria tout court. Secondo Confartigianato, CNA e Casartigiani, “la fine della moratoria e il progressivo riallineamento del sistema pubblico delle garanzie rischiano di trasformare il graduale ritorno alla normalità in un’ulteriore morsa per le imprese che impedisce loro di consolidare una ripresa possibile o, addirittura, di compromettere definitivamente chi non è riuscito ancora ad agganciarla”.
Altre associazioni d’impresa si sono rivelate più propense a chiedere un approccio selettivo, che incoraggi chi può a uscire dal regime di moratoria e che fornisca una via d’uscita progressiva per chi è più in difficoltà.
La palla passa ora al Governo, che dovrà decidere se mantenere la decisione di sospendere la moratoria o se individuare un’alternativa per una transizione più morbida verso la fine della misura.
Da parte sua, A1 Corporate 4.0 manterrà il suo impegno di supporto alle aziende ed alle PMI con interventi a tutto campo per generare liquidità, necessaria per consolidare la competitività delle imprese, favorire gli investimenti e supportare la crescita.