Le PMI rappresentano la spina dorsale del sistema produttivo italiano ed a loro si guarda anche per la ripresa post-Covid, in cui dovranno essere protagoniste della transizione digitale ed ecologica.
Per farlo, però, è necessario adeguare le fonti di finanziamento, necessari agli investimenti, agli obiettivi di crescita e competitività delle imprese. In Italia, negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva diversificazione delle fonti di credito, ma la parte del leone continuano a farlo i finanziamenti che arrivano dalle banche, che rappresenta più dell’80%. Ma questa “geografia” del credito è sostenibile rispetto alle sfide che le PMI devono affrontare?
Credito bancario, 40 miliardi in meno negli ultimi 10 anni
Un report appena realizzato da PwC e Banca CF+ ha analizzato il credito bancario ricevuto dalle PMI negli ultimi 10 anni. Il risultato è che tali finanziamenti si sono ridotti del 20%, pari a circa 40 miliardi, passando dai 210 miliardi del 2010 ai 171 miliardi del 2019.
Sono diverse le ragioni di questa contrazione. A inizio decennio, la crisi finanziaria del 2011-2012 ha certamente inciso sulla domanda stessa di credito. A questo si aggiunge però anche la stretta regolamentare imposta dalla Vigilanza Unica negli anni scorsi, che ha reso più oneroso finanziare le realtà con rating bassi, portando le banche a scegliere di dare credito soprattutto alle realtà più consolidate.
Nel 2020 c’è stata un’inversione di tendenza: il credito alle PMI è arrivato, infatti, a 190 miliardi di euro, con una crescita dell’11%. Tale crescita, tuttavia, è probabilmente estemporanea, legata però alle misure di sostegno messe in campo per contrastare l’effetto del Covid. Già dal 2021, il progressivo ritiro delle misure di supporto per le imprese rappresenta un’incognita per gli imprenditori.
Cambiare modalità di finanziamento richiede competenze e conoscenze adeguate sulle possibili alternative in campo, a partire dall’equity, e su come strutturare l’impresa per intercettare tali opportunità. Secondo una ricerca di I-AER, Institute of Applied Economic Research con AIda Partners, condotta su 1012 PMI a conduzione familiare, il 71% è a rischio insostenibilità del debito, situazione che è frutto della mancanza delle competenze che servono per comprendere quali scelte è opportuno effettuare.
Alternative al credito bancario: come cogliere le opportunità emergenti
La ritirata progressiva delle banche italiane dal mondo delle Piccole e Medie Imprese sta obbligando le stesse imprese a cercare altrove fonti di finanziamento.
Quelle più immediate sono rappresentate dai bandi emessi a livello Ministeriale, che portano risorse e liquidità per supportare progetto di sviluppo digitale e sostenibile.
Esistono poi strumenti alternativi, quali l’equity, o fonti di finanziamento dagli investitori privati, quali i Piani Individuali di Risparmio, che rappresentano un’alternativa per strutturare il sistema di accesso al credito in modo da diversificare le fonti, rendendo più sostenibile il debito.
Per cogliere le opportunità che comunque stanno emergendo sul mercato servono competenze che non possono essere improvvisate. Da qui, il ruolo della formazione qualificata, che può aiutare le imprese a mantenere la competitività.
Da parte sua, A1 Corporate 4.0 è al fianco delle imprese che vogliono ampliare le fonti di accesso al credito, fornendo sia programmi formativi mirati per imprenditori, manager, dipendenti, che la consulenza necessaria ad analizzare la struttura del debito e programmare la diversificazione delle fonti, per generare liquidità.